Sostegno psicologico ai caregiver

anche chi fornisce aiuto ha bisogno di aiuto.

Chi sono i caregiver?

Questa parola inglese viene tradotta in italiano con: infermiere, badante, assistente. Ritengo però che operando una traduzione letterale si renda più giustizia al reale significato del termine caregiver: care significa cure, attenzioni e giver (dal verbo to give cioè dare) significa persona che dà, in sintesi colui o colei che dà cure, che dà attenzioni, o meglio ancora, colui o colei che si prende cura di.

In Italia, questo termine è usato in ambito clinico per indicare tutte quelle persone che si prendono cura di pazienti portatori di una grave patologia come ad esempio le malattie neurodegenerative, i traumi cranici, le malattie cerebrovascolari, le infezioni cerebrali. Le persone colpite da queste problematiche presentano gravi disabilità motorie e cognitive e necessitano di cure assistenziali continue.

Quando i caregiver sono i familiari

Per i familiari, l’esordio della malattia di un proprio ‘caro’ e la sua progressione sono fonte di sofferenza per le conseguenze sulla persona malata e per la perdita che essi vivono in termini di disponibilità e di relazione. La malattia determina in effetti la progressiva “assenza” di una persona con la quale si era soliti condividere la vita quotidiana.

Esistono evidenze scientifiche che dimostrano che essere caregiver di una persona con una patologia grave e invalidante costituisce un fattore di rischio per la salute fisica e mentale.

Infermieri autodidatti

Secondo gli ultimi dati ISTAT, i caregiver in Italia sono otto milioni e mezzo, di cui sette non sono figure professionali, ma figure interne alla famiglia, principalmente: donne, madri, compagne, mogli, figlie.
Queste persone, senza possedere alcuno strumento o formazione professionale, si improvvisano infermiere e si occupano quotidianamente dei loro familiari rispondendo a tutte le loro richieste: alzarsi, lavarsi, cambiarsi, andare in bagno, camminare, prendere farmaci, mangiare, e tanto altro. 

Spesso i familiari che si fanno carico di questa enorme responsabilità perdono di vista i propri bisogni, ponendoli in secondo piano: non si curano, non fanno visite di controllo, passano le giornate a prendersi cura dell’altro e spesso non c’è nessuno che li aiuti.

I caregiver e il rischio burn out

Il caregiver che si prende cura del familiare, senza prestare più attenzione a sé e alle proprie condizioni fisiche e mentali, può essere paragonato a una candela che lentamente si consuma, fino ad arrivare all’esaurimento della cera e allo spegnimento della fiamma (sindrome del burn out). In effetti, lo stress provocato dalle sfiancanti condizioni di vita della persona caregiver attiva un processo che esaurisce le sue energie e le sue risorse, generando problemi di natura fisica e mentale.

Gastriti intestinali, ipertensione o episodi di irritabilità e nervosismo rappresentano solo alcuni dei campanelli di allarme che non devono essere sottovalutati. Quando insorgono questi problemi significa che la persona è altamente a rischio di ammalarsi e di non poter più essere d’aiuto per il proprio caro.

NON CI SI PUÒ PRENDERE CURA DEGLI ALTRI SE PRIMA NON CI SI PRENDE CURA DI SE STESSI

“[…] ricordare a se stessi che si è importanti per sé e per il malato, informarsi, considerare i propri limiti, soddisfare i propri bisogni e interessi, condividere i problemi con la famiglia, non avere paura o vergogna di ammettere le difficoltà, farsi aiutare da esperti, prendersi periodi di riposo, cercare sollievo morale parlando con qualcuno in grado di ascoltare”
(Fabio Guerriero, medico specialista in geriatria)

SE SEI UN CAREGIVER, POSSO AIUTARTI A PRENDERTI CURA DI TE: IL TUO BENESSERE SI RIFLETTERÀ ANCHE SULLA SALUTE DEL TUO CARO.

Il gruppo: una risorsa inestimabile

In genere, quando è possibile, consiglio vivamente ai miei clienti di prendere parte a delle sessioni di counseling di gruppo. Generalmente, le sessioni in gruppo generano istintivamente una certa resistenza a causa delle caratteristiche che identificano questo percorso, una tra le quali quella di doversi esporre davanti a più persone.

Tuttavia, per la gestione di alcune problematiche come quelle che portano i caregiver, il gruppo si rivela essere uno dei mezzi più potenti per migliorare la sua qualità di vita.

Attraverso il gruppo, si attiva il confronto e la riflessione e si promuove la consapevolezza. Nello spazio condiviso con altri caregiver, puoi trovare un punto di riferimento, un luogo dove la condivisione di vissuti personali legittima e riconosce l’esperienza di ciascuno. Ascoltare come gli altri attraversano le tue stesse difficoltà e tentano di mettere in atto varie strategie per non essere sopraffatti e per far fronte a tutte le richieste del proprio caro, può aiutare a non sentirsi soli e a mobilitare le tue capacità di coping, cioè le tue abilità ad affrontare i problemi.

Ti sosterrò nel tuo difficile lavoro del prenderti cura.

Stabiliremo un’alleanza terapeutica che ti consenta di riconoscere nello spazio in cui ci incontriamo un luogo protetto e sicuro dove poter parlare liberamente e dar sfogo a tutte le tue paure, le tue angosce, le tue frustrazioni, i tuoi sensi di colpa.
In questo contesto, ti aiuterò a riconoscere e legittimare i tuoi bisogni.

Disporre di informazioni e risorse utili può esserti di grande aiuto. Per questo:
  • ti aiuterò a conoscere meglio la rete dei servizi assistenziali presenti sul territorio;
  • ti metterò a conoscenza dei principali aspetti della malattia in termini teorici (decorso della malattia, disturbi del comportamento, disturbi fisici, sessualità, deficit cognitivi) e in termini pratici (adeguamento dell’ambiente domestico alla nuova condizione cognitiva del tuo familiare, tecniche comunicative più adeguate, ecc.);
  • ti istruirò a riconoscere i segni dello stress.

Il mio obiettivo è il tuo benessere psicologico

se hai dubbi o domande, ti invito a contattarmi telefonicamente o via mail.